Partito di Alternativa Comunista

Almaviva Contact: sciopero a oltranza!

Almaviva Contact: sciopero a oltranza!

 

Una lotta esemplare

 

 

 

Intervista alla Rsu Fiom del Contact center Gse

 

 

Alle volte, per svariati motivi, alcune notizie non vengono date con la dovuta importanza o non vengono date proprio; così, tra festività e pandemia — e spesso per interesse a tenere sottotraccia notizie scomode —, si è persa l’occasione di raccontare la lotta delle lavoratrici e dei lavoratori del Contact center Gse (Almaviva, giusto per intenderci) che mentre scriviamo sono al loro undicesimo giorno di sciopero. Badate bene che non abbiamo sbagliato a scrivere: undicesimo giorno di sciopero! Uno sciopero a oltranza contro la precarietà, l’esternalizzazione dei servizi, l’abuso di ammortizzatori sociali. A dire il vero l’occasione di raccontare e sostenere questa lotta esemplare non l’hanno persa le compagne e i compagni del Fronte di lotta No austerity. Noi di Alternativa comunista ci uniamo al sostegno incondizionato alle lavoratrici e ai lavoratori del Contact center Gse in lotta, dando loro voce, intervistando la Rsu Fiom in prima linea in questo testa a testa tra i lavoratori e Almaviva.

 

Che cos’è il Contact center Gse, quale servizio offre e da chi è finanziato?

Il Gestore dei Servizi Energetici – Gse S.p.a. è un Ente controllato al 100% dal Ministero Economia e Finanze e passato da poco sotto la guida del nuovo Ministero per la Transizione Ecologica, è il quarto Ente italiano e gestisce un giro di affari di circa 14 miliardi di euro l’anno, che arrivano dalle nostre bollette, voce oneri (circa il 21% del totale). Opera per la promozione e lo sviluppo sostenibile attraverso l’erogazione di incentivi economici destinati alla produzione energetica da fonti rinnovabili e attraverso azioni informative volte a diffondere la cultura dell’uso dell’energia compatibile con le esigenze dell’ambiente.

 

Voi da diversi anni chiedete l’internalizzazione del servizio, potete spiegare le motivazioni di questa rivendicazione?

La nostra è una delle tante storie di appalti e subappalti che per anni ci hanno sballottato da un’azienda a un’altra, passando da concordati, fallimenti e affitti di ramo di azienda. I dipendenti però sono sempre gli stessi, così come la sede in cui abbiamo operato per la maggior parte di questi anni. Un’incredibile storia di matrioske e scatole cinesi in cui le aziende private intascavano soldi pubblici, senza di fatto metterci nulla, mentre i lavoratori venivano mantenuti in uno stato di costante precarietà che gli impediva anche di vedersi riconoscere il corretto inquadramento contrattuale, in quanto le aziende fallivano di continuo. Nel 2015 maturò nelle nostre coscienze la consapevolezza che l’appalto fosse illecito e iniziammo una serie di mobilitazioni, sostenute dalla Fiom, per ottenere l’unica cosa sensata: l’internalizzazione del servizio.
Presidi, scioperi e una battaglia legale per appalto illecito che si è evoluta in una maniera controversa: il ricorso, diviso in due gruppi seguiti però dallo stesso avvocato e quindi assolutamente identici, ha avuto esiti opposti. Una parte dei lavoratori ha vinto il ricorso, venendo internalizzata da Gse e pochi mesi fa la corte di appello di Roma ha riconfermato con dispositivo la sentenza di primo grado e ha ribadito nuovamente che l'appalto fosse illecito. L’altra parte, 72 dipendenti, è finita in Almaviva Contact nella sede di Roma, avendo esito diametralmente opposto. Nel frattempo altre 4 sentenze hanno stabilito che l’appalto fosse illecito. Insomma ad oggi abbiamo 4 sentenze che confermano quanto da noi asserito e denunciato, ovvero, che l’appalto è illecito, ma noi 72 continuiamo la nostra vita da precari in Almaviva Contact.
Il servizio di Contact Center viene erogato da operatori altamente qualificati ed è caratterizzato da contenuti specialistici, dalle tante normative di settore e le diverse procedure attuate dal Gse necessarie per attivare i meccanismi di incentivazione, fino all’assistenza per l’intera durata dei contratti/incentivi. Per questo il Gse ci definisce come facenti parte del “core business” dell’Azienda. Troviamo quindi impensabile che l’unico sportello al pubblico di un ente strategico così importante possa essere affidato a soggetti privati. L'internalizzazione avrebbe un doppio beneficio per la collettività: un servizio migliore (in quanto l'unico obiettivo sarebbe la qualità e non il profitto) e minor sperpero di denaro pubblico destinato ad aziende private che vogliono solo arricchirsi.

 

Un servizio pubblico, pagato dalle masse popolari nelle bollette, la cui gestione è affidata a un privato che mette i lavoratori in cassa integrazione che è a sua volta pagata coi soldi dei lavoratori: è questo che sta succedendo?

Occorre premettere che tra le componenti presenti in bolletta, un peso sempre più importante è stato assunto dalla componente A3. Questa componente, introdotta e destinata alla promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili, permette di alimentare il fondo statale utilizzato per la distribuzione degli incentivi volti alla promozione delle fonti rinnovabili. In altre parole, nelle bollette degli utenti finali, siano queste riferite ad utenze domestiche o imprese e rifornite dal mercato tutelato o dal libero mercato, viene addebitata questa componente. Il Gse quindi riversa soldi pubblici a fornitori privati con l’affido del Contact Center, i quali socializzano i loro costi (rischio d’impresa) attraverso gli ammortizzatori sociali. Insomma il privato ci guadagna due volte, con la commessa e con la cassa integrazione, il pubblico paga due volte per la commessa e per finanziare la cassa integrazione.

 

In questi ultimi due anni di pandemia il tema della sicurezza sul lavoro ha assunto un aspetto ancora più centrale, voi avete svolto delle importanti lotte su questo versante, potete raccontarci com’è andata?

Già da marzo 2020 abbiamo subito colto la pericolosità e la gravità della situazione che si stava delineando ma l’Azienda - Almaviva Contact che si è aggiudicata la commessa nel 2016 – sorda alle nostre avvisaglie, non si stava muovendo per tempo mettendo in campo le contromisure necessarie al fine di arginare i contagi. I lavoratori sono stati quindi costretti ad entrare in sciopero e dopo cinque giorni l’Azienda ha chiuso finalmente la sede.
Ancora una volta, per mantenere il nostro diritto alla salute con lo smart working, abbiamo dovuto scioperare e, la gestione di un servizio pubblico, è stata possibile solo per merito dei lavoratori che si sono resi disponibili a portare avanti il servizio con dotazioni personali, senza rimborsi e investendo in alcuni casi parte dei loro stipendi per dotarsi della strumentazione necessaria.
In questi due anni abbiamo tentato di intavolare una discussione con Almaviva Contact al fine di siglare un accordo sullo smart working e ottenere per esempio idonea strumentazione aziendale o rimborsi spesa, purtroppo senza successo. Solo grazie allo sciopero abbiamo impedito la pratica del controllo della prestazione a distanza e impedito il rientro in sede a marzo 2021. A settembre siamo stati costretti a rientrare in azienda a rotazione in quanto Almaviva sostiene che la nostra produttività non sia soddisfacente e perché non abbiamo accettato il controllo della prestazione a distanza, ma poi ci colloca in cassa integrazione con punte che toccano il 50%. Come sempre qualcosa non torna.

 

L’organico del Contact center Gse è composto per la maggioranza di lavoratrici, le donne pagano sempre il prezzo più alto nel sistema capitalista e spesso sono relegate allo svolgimento di lavori domestici e di accudimento dei figli e degli anziani: oltre allo sfruttamento si aggiunge l’oppressione maschilista funzionale agli interessi economici dei padroni. Ci sono nella vostra lotta rivendicazioni specifiche delle lavoratrici?

Il personale che compone il Contact Center è per la maggior parte femminile e in questi anni abbiamo lottato per dare la possibilità di richiedere il part time necessità espressa in particolar modo dalle lavoratrici proprio per conciliare gli estenuanti ritmi di gestione famiglia-lavoro, ovviamente non può essere considerata una panacea, in quanto servirebbero investimenti su scuole, nidi e politiche sociali scevre da quel patriarcato che purtroppo ad oggi ancora permea la nostra società. La donna è doppiamente oppressa, dal sistema economico che la sfrutta per abbassare i salari e non indipendente economicamente (ad es. il part time) e dalla società che la vuole relegare al ruolo di «angelo del focolaio». Inoltre abbiamo chiesto all’azienda che ai genitori con figli di età inferiore ai tre anni, nell’ottica di promuovere la genitorialità più estesa possibile e non relegata alla sola donna, venisse data la possibilità di lavorare esclusivamente in smart working ma Almaviva ha ritenuto che la nostra richiesta fosse «discriminatoria» verso la parte restante dei lavoratori e delle lavoratrici. Tirate voi le conclusioni!

 

La determinazione e la tenacia che state dimostrando è di esempio per molte altre realtà di lotta che vi stanno guardando con ammirazione. Quale messaggio vi sentite di dare ai tanti lavoratori in lotta in questi mesi difficili?

I successi ottenuti nel mantenere i pochi diritti ormai sanciti nel nuovo mondo del lavoro trovano riscontro in una lotta sindacale portata avanti con caparbietà e, soprattutto, tutti uniti, perché anche in una situazione di emergenza come è la pandemia che ci coinvolge tutti in questo momento (anche se vogliono farci credere che la responsabilità sia una prerogativa più dei lavoratori che dei padroni), si può e si deve lottare per i propri diritti. L’elemento fondamentale della nostra lotta e l’unione che ci caratterizza con le altre vertenze, la solidarietà mostrata e ricambiata ad altri lavoratrici e lavoratori. Siamo consci che i problemi che ci attanagliano sono gli stessi che diffusamente si riscontrano anche in altre realtà lavorative. Il padrone/capitale con noi non riuscirà a far prevalere il dividi et impera. Siamo certi che a distanza di due secoli la famosa frase «lavoratori di tutto il mondo unitevi» sia più viva e attuale che mai. Una ingiustizia fatta a uno è una minaccia per tutti.

 

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