Partito di Alternativa Comunista

Giù le mani dal diritto di sciopero!

Giù le mani dal diritto di sciopero!

 

No alla repressione delle lotte!

 

 

 

 

 

Volantino del Pdac per lo sciopero di novembre

 

L’attacco di Salvini al diritto di sciopero, avallato dalla Commissione di garanzia degli scioperi, è una chiara provocazione nei confronti di tutti i lavoratori, in particolare di quelli del settore trasporti, tra i più colpiti negli anni dai tagli salariali. Già quest’estate il ministro delle infrastrutture e dei trasporti aveva deciso di ridurre a 4 ore uno sciopero proclamato dal sindacalismo di base, ora la repressione continua anche con lo sciopero dei confederali. Tanto più in un Paese dove il diritto di sciopero è fortemente limitato, tutto questo indica il carattere reazionario di questo governo, pronto a colpire con la repressione i lavoratori, i giovani, gli immigrati. Da ultimo, il Consiglio dei ministri ha varato un decreto repressivo tra i più duri degli ultimi decenni (Decreto Caivano) che ha l’intento di stroncare sul nascere qualsiasi opposizione di piazza al governo delle destre: sono previste pene detentive di anni per chi lancia vernice su palazzi pubblici, per “resistenza” a pubblico ufficiale, per il blocco del traffico durante un picchetto di sciopero; viene introdotto un nuovo reato (funzionale ad accelerare gli sfratti) di occupazione illegittima di immobili; si autorizzano persino gli agenti a detenere armi fuori servizio. Femmicidi e violenza di genere, intanto, continuano a crescere: la tragica vicenda di Giulia è solo la goccia che ha fatto traboccare un vaso che da tempo è colmo.
La seconda manovra finanziaria varata dal governo Meloni conferma il carattere di classe antioperaio della maggioranza di destra che regge le sorti del Paese da oltre un anno. I salari continuano a essere falcidiati dall’aumento dei prezzi. Le chiusure di grandi aziende (dalla Gkn alla Magneti Marelli) si susseguono senza soluzione di continuità, lasciando centinaia di operai per la strada o in cassa integrazione: chiusure che spesso sono motivate dall’esclusiva ricerca del profitto.  Lo stato sociale continua a essere smantellato: tagli alla sanità pubblica, alla scuola, ai trasporti fino ad arrivare al peggioramento della già pessima riforma delle pensioni varata nel 2011 dal governo Monti-Fornero: una finta «quota 103» vanificata da una finestra di un anno e penalizzata ulteriormente sull’assegno pensionistico.
In questo quadro la risposta delle direzioni sindacali è del tutto insufficiente. È un grave errore aver proclamato scioperi spezzettati per regioni (se non province!) in date diverse, separando il settore pubblico e i trasporti dal settore privato. Inoltre, la piattaforma è inadatta a rispondere alle richieste che vengono dai lavoratori: si tratta di una serie di suggerimenti e appelli a governo e padroni per creare una società più “giusta, equa, e solidale”. Sarebbe stato invece indispensabile convocare una giornata di sciopero generale su tutto il territorio nella prospettiva di un’azione prolungata, sull’esempio francese, fino alla cacciata del governo di estrema destra. Uno sciopero che doveva porre al centro anche la difesa incondizionata della Resistenza palestinese contro gli attacchi di Israele. 

Serve una piattaforma realmente radicale, di classe, che sia in grado di rappresentare la risposta operaia alla crisi del sistema capitalista:

  • aumenti salariali che recuperino totalmente il potere d’acquisto perduto in 30 anni;
  • riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario fino riassorbire la disoccupazione;
  • abolizione di tutte le forme precarie di lavoro e del sistema degli appalti;
  • abolizione di tutte le norme antisciopero, incluse quelle varate dai governi di centrosinistra;
  • sanità, istruzione e trasporti pubblici e di qualità;
  • diritto alla pensione parametrata sull’ultimo stipendio dopo 35 anni di lavoro;
  • nazionalizzazione senza indennizzo per le aziende che licenziano e delocalizzano.

 

Alternativa comunista si batte per un’alternativa di sistema alla barbarie del capitalismo.

 

 

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